On March 10, 2020, we found ourselves locked in our homes all over Italy: we in our apartment in Milan. That day the total lockdown began, and we still didn’t know it would last 69 days.
The first days the only one who went out to go shopping once a week was Daniele. The girls and I at most went down to the small condominium courtyard that suddenly turned out to be invaluable, as well as our little terrace.
It’s been such strange days: on the one hand, the outside world with the tragic news about the spread of the pandemic; on the other hand, the four of us who were looking for family balance day after day. It had never happened to us before living together for so long in such a confined space.
Eva and Anita, very closed sisters and until that day decidedly quarrelsome, magically found each other, alternating beautiful and imaginative games with moments of boredom. Perhaps the one who suffered the most was Eva, my eldest daughter. She missed her friends and school a lot. The daily distance learning hour was certainly not enough to fill her need to be with her companions.
Disbelief, fear and concern alternated with wonder at watching my daughters play or the joy of having my husband close to me.
I will never forget the silence of those days. At first, it was disturbing because it seemed so anomalous in a chaotic city like Milan. It was interrupted only by the ambulances’ sound, immediately reminding you of the tragedy affecting the world. It was a silence which I then loved profoundly and which I regretted along with the clean air.
I was lucky because I lost no loved one, and I did not have to experience firsthand the drama that, unfortunately, many have experienced. That period changed me; despite the close cohabitation and the fast pace of family life, I had time to figure out what’s really important to me.
These photographs are from those days.
Il 10 marzo del 2020 ci siamo ritrovati in tutta Italia chiusi nelle nostre case, noi, a Milano, nel nostro appartamento. Quel giorno iniziava il lockdown totale e ancora non sapevamo che sarebbe durato 69 giorni.
I primi tempi l’unico che usciva per andare a fare la spesa una volta alla settimana era Daniele. Io e le bimbe al massimo scendevamo nel piccolo cortile condominiale che improvvisamente si rivelava preziosissimo, così come il nostro terrazzino.
Sono stati giorni molto strani, da una parte il mondo esterno con le notizie drammatiche, dall’altra noi quattro che giorno dopo giorno cercavamo un nostro equilibrio familiare. Non ci era mai capitato prima di convivere per così tanto tempo in uno spazio così ristretto.
Eva e Anita, sorelle legatissime ma anche fino al giorno prima decisamente litigiose, si sono magicamente ritrovate alternando giochi bellissimi e fantasiosi a momenti di noia. Forse la persona che ha sofferto di più è stata Eva, la figlia maggiore. Sentiva moltissimo la mancanza dei suoi amici e della scuola, l’ora quotidiana di didattica a distanza non era certo sufficiente per colmare il suo bisogno di stare con i suoi compagni.
L’incredulità, la paura e la preoccupazione si alternavano alla meraviglia nel guardare le mie figlie giocare o alla gioia di avere mio marito vicino. Non scorderò mai il silenzio di quei giorni, all’inizio inquietante perché così anomalo in una città caotica come Milano e perché interrotto solo dal suono delle ambulanze che ti riportavano immediatamente alla tragedia che stava colpendo il mondo intero, poi però un silenzio che ho amato profondamente e che ho rimpianto insieme all’aria pulita.
Sono stata fortunata perché nessuna persona cara mi è mancata e non ho dovuto vivere in prima persona il dramma che purtroppo hanno vissuto in tanti.
Quel periodo mi ha cambiato, nonostante la convivenza stretta, il ritmo serrato della vita familiare, ho avuto il tempo di capire che cosa per me è veramente importante.
Queste fotografie sono di quei giorni.